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Generazione in crisi: il futuro non può aspettare.


generazione in crisi

Le nuove generazioni appaiono spesso disorientate, sfiduciate, incapaci di trovare stimoli e obiettivi per il futuro tanto che, in alcuni casi, la sofferenza esistenziale porta drammaticamente sempre più spesso a gesti estremi. Il rifugio nel consumo, nel divertimento sfrenato e nel ricorso a droghe sembra rappresentare per i più giovani una fuga dalle difficoltà della vita. Ma anziché semplicemente indignarci di fronte a questa realtà, dovremmo porci la domanda cruciale: chi sono i maggiori responsabili di questo malessere? La risposta è in larga parte da trovare nella generazione che li ha preceduti, nella cultura che hanno ereditato e nelle strutture sociali che sono state loro tramandate.

Alcuni comportamenti distruttivi delle giovani generazioni sono il riflesso di un contesto sociale, politico e culturale che ha fallito nel dare loro gli strumenti necessari per affrontare la complessità della vita. I "grandi" del nostro tempo si ostinano a bollare i giovani come "deboli", "inattivi" o "senza valori", ma in realtà i ragazzi sono il prodotto della generazione precedente. Non sono certo le imposizioni morali, religiose o politiche che possono creare le basi di un vero cambiamento. La semplice imposizione di comportamenti senza la possibilità di un'autenticità esperienziale, senza l'occasione di scoprire e costruire il proprio essere attraverso il vissuto, non fa altro che creare una frattura tra l'individuo e il mondo che lo circonda.

L'educazione che si limita a gestire il giovane, piuttosto che offrire gli strumenti per crescere in modo autonomo, è un processo che si traduce nel lento decadimento dell'autoconsapevolezza e della fiducia. La promessa di un futuro migliore che non arriva mai e l’incapacità di ascoltare e comprendere le richieste dei giovani creano una generazione che si sente invisibile e incapace di agire. L'idea che un genitore dica “ se fai quello che ti dico ti compro o ti regalo..." rimanda ad un sistema di manipolazione e corruzione che distrugge il valore intrinseco dell'individuo, facendo leva su una logica consumistica e materialista che non può in alcun modo nutrire la crescita psicologica o emotiva.

Il cuore del problema risiede in parte nell’inadeguatezza di coloro che dovrebbero fungere da modelli di riferimento: siamo in un mondo che cambia velocemente, dove la tecnologia evolve e la società muta, ma che viene ancora governato da politiche ancorate a visioni passate, dominate da uomini di età avanzata e culturamente "cotti". I politici che non comprendono il nuovo contesto, i nuovi impulsi e le nuove necessità dei giovani (e di tutti), pretendono di amministrare un mondo che non c’è più, esercitando una politica costantemente in ritardo rispetto alla realtà. Eppure, l'uomo è in continua evoluzione.

Il grande errore delle generazioni più anziane è stato quello di non riconoscere che i ragazzi del presente sono diversi; che i loro impulsi, desideri e stimoli non possono essere forzati o indirizzati secondo logiche che risalgono a un’epoca passata. Pensare che debbano crescere a immagine e somiglianza dei genitori, dei nonni, o dei modelli di vita tradizionali, equivale a ignorare la realtà stessa del cambiamento. La bellezza della vita, e di un mondo che progredisce, sta proprio nella capacità di adattarsi e rinnovarsi continuamente, di permettere alle nuove generazioni di forgiare il loro cammino, di sperimentare senza paura di sbagliare, senza essere giudicati con parametri non più corrispondenti alle sfide contemporanee. Ecco perché, se nel mondo c'è qualcuno, una minoranza, una categoria di persone o una generazione che piange per un problema, per una discriminazione, non possiamo chiudere gli occhi e ignorarlo. Quel problema, anche se sembra lontano o non ci riguarda direttamente, prima o poi sarà nostro. La sofferenza di una parte della società è un seme che, se non affrontato e risolto, cresce e si diffonde, intaccando l'intero tessuto sociale. Se non ci prendiamo cura dei dolori degli altri, se non li riconosciamo come parte della nostra responsabilità collettiva, alla fine quella ferita si estenderà e ci raggiungerà, trasformandosi in un problema che coinvolgerà tutti. È questa la lezione che la storia ci insegna: il benessere di una società non può essere costruito sulla negazione dei diritti e delle necessità di alcuni, perché quella disuguaglianza finirà per compromettere la serenità di tutti.

In questa prospettiva, è urgente comprendere che la responsabilità di un cambiamento positivo non sta nel pretendere che i giovani si adattino a un modello che non li rappresenta, ma nell'aiutarli a costruire un nuovo senso di appartenenza, un nuovo orizzonte di opportunità. Solo così le nuove generazioni potranno sentirsi realmente capaci di rispondere al mondo che li circonda, con la consapevolezza di essere i protagonisti del loro destino e non semplici spettatori di un gioco che non hanno scelto.

E non dimentichiamo mai di dar loro fiducia perché, nella maggior parte dei casi, sono proprio i giovani a risultare più inclusivi, generosi e “puri” degli adulti: evitiamo che si perdano!


Sergio Sormani - Giorgio Donders


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